mercoledì 26 settembre 2012

Non ho ancora trovato un titolo che renda l'idea...

Per la stesura di questo post va ringraziato caldamente Maurizo Crozza. Avevo già in mente cosa scrivere ma guardare l'intero di Ballarò mi ha dato spunti interessanti.

Pariamo dal presupposto che viviamo in un paese di merda. Prima di tutto ciò, partiamo col presupposto che in questo periodo io mi lamento. Poi ritorniamo alla nostra schifosissima Italia. Come ricordava il buon Maurizio, è legale che in Italia la Minetti guadagni come il segretario generale dell'onu quando gli stipendi degli statali sono fermi agli anni cinquanta? Certo che si. Perché siamo noi i primi a permettere che questo e molto altro ancora accada, rimanendo a guardare, alzando e riabbassando le manine lungo o fianchi. Eh, è così.
Ora, entriamo più nello specifico, non essendo mia intenzione analizzare i problemi del paese. Non da un punto di vista generale, preferisco parlare di ciò che conosco e che mi tocca in prima persona. Già vi dissi che il mio, per quanto si possa definire tale, è un lavoro di merda. già vi parlai della mia insoddisfazione. Ma se prima mi riferivo a questioni più generali, ora vorrei rendervi partecipi di un paio di aneddoti interessanti, causati semplicemente dalla mancanza di cojones miei e delle persone che mi circondano.
Tanto per darvi un'idea, prendendo la faccenda alla lontana, noi studiamo in una struttura pensata per un numero di studenti pari a settanta. Avendo introdotto un primo anno teorico con laboratori pratici, il numero di studenti previsto per quest'anno sale al triplo. Nonostante gli incastri (le lezioni teoriche si svolgono altrove, in una sala conferenze dove ho perso un anno della mia vita nonché la vista e la dignità... ), il mercoledì ci troveremo per forza di cose a condividere gli spazi con un numero di studenti ben superiore all'offerta degli spazi. L'anno scorso, qualcuno di noi fece presente la questione a chi di dovere, ponendo la domanda in modo errato. Nel peggior modo possibile oserei dire.

"L'anno prossimo, quando ci saranno i compagni del primo e secondo anno, dove andremo a fare lezione"?

Dove andremo noi?????
Dove andranno LORO. Noi la nostra auletta ce l'abbiamo. Lavoriamo lì da un anno e i nostri lavori sono salvati sui computer. Perché dovremmo essere NOI a levare le tende? Già il fatto che tu presupponi di dover lasciare il posto a qualcun altro, nonostante quel posto ti spetti di diritto, dimostra come tu ti ponga da solo in una posizione d'inferiorità. O tiri fuori le palle e ti fai valere (come tutti del resto) oppure evita di lamentarti perché ti senti bistrattato come nemmeno l'ultima ruota del carro.

(tra due settimane vi dico dove ci hanno relegati. Già sapete che per fare posto ai nuovi soggetti hanno pensato bene di cacciar via i musicisti, nostri compagni di sigaretta e riserva non esauribile di uomini dal bell'aspetto. Da parte di tutte noi, GRAZIE! fuck)

Ok questo è il preambolo.
Ora mettiamo che una nota rete televisiva, per conto di un ente pubblico italiano abbia deciso di contattare la nostra scuola per la realizzazione di una serie televisiva. Avendo coinvolto diverse figure professionali, il responsabile alle attività ha pensato che sarebbe stato carino coinvolgere anche la nostra classe per la realizzazione di alcuni contributi grafici. Tralsciamo il fatto, anzi, non tralasciamolo... precisiamo che le stesse persone ad essersi lamentate perché "non ci coinvolgono mai, non ci vogliono bene, sigh sigh..." sono state le prime a rifiutare l'incarico perché "è estate, voglio andarmene al mare", quindi abbiamo finito per accettare in sette e lavorare in cinque, sacrificando non l'estate ma sabati, domeniche e pomeriggi a random. Ma a metà giugno, grafica fu!
Accade però che, durante la lavorazione, viene toccata la questione contratti ed eventuale menzione nei titoli di coda. Veniamo a scoprire che gli studenti coinvolti sul set (quindi tutti tranne noi), lavorano - gratis - con regolare contratto da stagisti e per questo, il loro nome comparirà nei titoli di coda. Noi, che un contratto non lo abbiamo, siamo abbandonati al nostro destino. Informandoci scopriamo che i suddetti contratti sono stati emessi per una semplice questione assicurativa e, non potendo incorrere in infortuni di alcun tipo, noi ne siamo stati esclusi. Se l'IMac ci casca sul piede son cazzi nostri. E allo stesso modo saran cazzi nostri dimostrare che quella meravigliosa grafica è opera nostra. Tre di noi si limitano a tirar su col naso, con espressione rassegnata. Io mi incazzo come una iena, CdS (già, poteva forse mancare?) s'incazza più di me ed, essendo lei il canale preferenziale con la produzione, s'appresta a cazziare chi di dovere, ottenendo la tanto agognata menzione. I nostri nomi ci sono. Grazie CdS, sarò lieta di rivolgermi a te per la questione che segue.
Appunto. Perché non è mica finita lì. Prima che il lavoro vero e proprio avesse inizio, ci era stato chiesto di realizzare un concept per dare un'idea di come volessimo procedere dal punto di vista grafico. Ognuna di noi ha presentato il suo e (gioia et gaudio), il mio la spunta su tutti. Ovviamente abbiamo dovuto lavorare su una scenografia ex novo essendo cinque le scene. Del mio disegno non se ne sa più nulla. A volte, per convincermi dell'accaduto, lo riguardavo, complimentandomi con me stessa per la bravura. Fine.
L'altro giorno, guardando su Facebook, finisco per caso sulla pagina del programma. E indovinate che immagine vedo come copertina? Si esatto, il mio meraviglioso paesaggio, con i miei fiori, il mio tram, i miei cespugli. Ovviamene non ne sapevo nulla. All'inizio mi ha fatto quasi piacere, poi ho riflettuto: 
 - in primo luogo, nessuno mi aveva chiesto nulla
 - in secondo luogo, non c'era scritto da nessuna parte chi avesse realizzato quell'immagine
 - in terzo luogo, pubblicare una foto su Facebook equivale a lanciare un corpo in pasto agli squali. Ognuno può farne ciò che vuole.
Perché dovrei lasciare che tutto questo accada? Ora, prima di sollevare un polverone fermiamoci e respiriamo. Stavolta si tratta di una bozza, un lavoro nemmeno troppo importante che però a qualcuno dev'essere piaciuto. Ma sorvolare su una cosa del genere mi da da pensare che un domani chiunque possa mettere le mani su qualunque cosa io faccia e non vedo perché il mio lavoro debba essere svenduto. Ovviamente in tutto ciò io non ho la più pallida idea di quali siano gli accordi presi con la rete televisiva e con l'ente, ma ho intenzione di chiarire la cosa. Il che non significa per forza sollevare un polverone, semplicemente fare quattro chiacchiere e capire cosa sia successo. Quantomeno per evitare uno sfruttamento futuro visto che, a giudicare dalla rassegnazione che mi circonda (ricordiamo la questione aule?), qui si fa presto a calpestare chi fa un lavoro come il mio, semplicemente perché lasciamo che questo accada. 
Ma un filo d'amor proprio?

giovedì 20 settembre 2012

Q vs Q

Oggi, contrariamente alle aspettative di alcuni davanti a un titolo così ambiguo, vorrei trattare la differenza tra tempo qualitativo e tempo quantitativo.
Mesi fa ero convinta che la differenza fosse lampante agli occhi di chiunque. Poi ho dovuto constatare che mi sbagliavo. E di grosso.

Il tempo qualitativo è quello speso diciamo BENE. Non importa quantificarlo in termini matematici, infatti che si parli di un secondo, di un minuto, ore, settimane, mesi, è tempo speso bene, nel quale si concludono le cose iniziate, si ottengono soddisfazioni, si passano dei meravigliosi momenti... momenti INTENSI appunto. Tempo speso bene, utile, piacevole.
Il tempo quantitativo al contrario è semplicemente tempo. Un'ora, un minuto... e nella maggior parte dei casi non porta a concludere nulla, non che questo significhi per forza un cazzeggio spinto, semplicemente è diversa la modalità di valutazione. Chi però pensa che metterci molto tempo per fare una cosa equivalga a farla bene ha preso una tranvata colossale.
Andando nello specifico:

Al liceo avevo un compagno che probabilmente tutt'oggi... è ancora al liceo. Si sarà fatto dieci anni d'artistico.
 - Uuuurca, dieci anni d'artistico. Chissà come saprà disegnare bene.

EEEEEEEEEEEH! Errore! A parte che sfido chiunque a dire una castroneria simile e poi forse saprebbe disegnare se avesse passato più tempo dietro un cavalletto che in giro a propagandare idee comunistoidi. Sicuramente le falci e i martelli gli escono da dio. Le stelle anche e pure le A di anarchia, perché era un tipo confuso.

Vi ho mai parlato di S? Si che l'ho fatto. (in caso, ripassino). Lui, negli ultimi quattro anni è stato forse la mia storia più lunga.
A conti fatti, tra i vari tira e molla, litigi, confusioni, pianti e me che stresso le amiche, abbiamo continuato a frequentarci per... beh, quasi un anno. Un sacco di tempo calcolando che le mie ultime storielle son durate al massimo due mesi... una storia quasi importante. Se non fosse che, sempre a conti fatti, ci saremo visti quattro volte. Senza peraltro concludere granché.
Al contrario non vi ho mai parlato di G, un trentenne attempato che mi ha rubato il cuore tre anni fa. Ci ha messo due mesi per farlo e sospetto che ne conservi ancora qualche resto...

Tutto ciò per dire che la prossima volta che un amico mi manderà raffiche di messaggi del tipo "mi manchi... perché non riusciamo più a vederci?"e poi, quando finalmente ci si vede passa il tempo a limonate con la sua fidanzatina o a chiedermi quanto sia bella la suddetta fidanzatina o a parlare con sconosciuti, si ritroverà con la faccia in un cestino. Soprattutto se per giustificarsi adduce scuse quali "eh va beh, ma non importa cosa facciamo, anche se non parliamo... l'importante è vederci!No?"
No!!! Mi vien così da pensare che lo sconosciuto incontrato sull'autobus tutte le sante mattine sia il tuo migliore amico...  sbaglio forse?

mercoledì 19 settembre 2012

Il lunedì dei corti animati

Ci sono eventi che attendiamo con impazienza tutto l'anno, come l'ultimo giorno di scuola, Natale, Pasqua, il proprio compleanno, l'uscita dell'iPone 5...
Io, oltre a quelli sopracitati (si, vorrei un iPhone 5 ma non prima che sia passato di moda perchè confido nella longevità del mio Samsung...), attendo con immensa impazienza il lunedì dei corti animati al parco, organizzato dal MFF. E se posso cerco sempre di non mancare. Inizio il conto alla rovescia da metà agosto e due o tre settimane prima che questo giorno giunga inizio a chiamare e scrivere a tutti i miei amici per avvertirli e radunare un bel gruppetto. Molto spesso LaQ è al mio fianco in questa missione. Che di solito finisce con pacchi a raffica accompagnati dalle scuse più assurde.
Quest'anno stranamente non è successo nulla di tutto ciò. A parte un'amica che si è ammalata giusta in tempo (è ridicola, non ho altro da dire), è da sabato che ricevo messaggio da parte del mondo intero per sapere se ci sarò, ora, luogo e dettagli di questo genere. Ad un certo punto sono anche stata colta da un filo d'ansia... ma quanti saremo? Tantissimi!
Così, armati di coperte, sacchi a pelo e tanta voglia di birra (se non avessi avuto cinque miseri euro ne portafoglio avrei fatto scorta, mannaggiavvoi) ci siamo diretti al parco Sempione.
Io sono arrivata in ritardo causa difficoltà nel trovare parcheggio. Arrivo e mi trovo davanti un documentario sulla musica sarda. Bello, interessante, appassionante. Dopo i primi due minuti di disorientamento generale, mi sono ricordata che la maratona inizia sempre con qualcosa che c'entra poco o nulla. Infatti poco dopo il documentario termina lasciando spazio alla maratona.
Ed è l'inizio della fine. Stavolta per davvero.
Memore di tre anni di corti, sono un po' impaziente.
Riderò tantissimo... E invece no!
Mi divertirò e prenderò qualche spunto... E invece no!
Mi commuoverò... E invece no!
E invece no, no e no!

Non ho mai visto un'accozzaglia di roba così varia e incomprensibile. Nel senso, i corti dal vero del MFF sono SEMPRE un'accozzaglia di noia e incomprensione, ma per fortuna queste virtù le risparmiano all'animazione. Quest'anno al contrario devono essersi sbattuti parecchio e aver fatto quell'errore che molto spesso si commette nel campo del cinema d'essay e dell'arte in generale: pensare che l'incomprensibile sia meritevole di lodi. Non si capisce una sega? Capolavoro assoluto! NO, NOOOO!!!

(Ora, per non farvi fare la mia stessa fine, colorerò i corti belli di verde. Quelli brutti di rosso: Quelli così così in arancione. Tipo semaforo, così che possiate scegliere. In caso di noia, saltate pure all'ultimo pezzo di colore neutro. )

Partiamo con ordine dal primo cortometraggio che tecnicamente doveva rappresentare l'elaborazione degli affetti tramite gli occhi di un bambino. Io che c'era un bambino non me n'ero nemmeno accorta... Ho visto delle facce disegnate anche bene, per carità. Ma che c'era un bambino io non l'avevo capito. Tremendamente lento è il commento più spontaneo che mi esce. Noioso quello più cattivo. Non ricordo praticamente nulla e non è un buon segno.

Migliorano le cose già al secondo. Non più veloce ma quantomeno scorrevole e comprensibile. Qui si parla del rapporto uomo - natura, i conflitti nella foresta, il dramma di una ragazza che, per salvare un amico è costretta a uccidere un orso. Carino, grafica interessante, delicato, si lascia guardare.

Non ricordo quale fosse il terzo, ah si. La storia d'amore di un'orsetta e un esquimese. Tenero, carino. Terribilmente triste. Lei ricorda come si sono incontrati, ripercorre i momenti insieme per concludere il tutto con "Non voglio sposarti". Depressione, sconforto, tristezza.

Passiamo al bimbo luccicante. Carino! Grafica interessante e storia tenra. Sempre malinconica ma col lieto fine: due bambini diversi, lui luccica, lei ha gli occhiali e va sempre in giro con una torcia, vengono spesso pesi in giro da tre bulletti ma il loro incontro porterà ranci sorprese. Diciamola così dai. La preferivo meno patetica ma ci si accontenta.

Avanti il prossimo: qui si parla di un bimbo che vive in campagna dalla nonna. Ne conseguono le fobie del cas. bella grafica, carina anche la storia, apprezzabile (non poco inquietante) la testolina del pollo che affoga nel brodo - prima che la pietanza esploda... -. I miei occhi di "addetta ai lavori" , diciamo così, mi han fatto apprezzare anche la tecnica. La mia amica profana pensava fossero orrendi. In effetti il suo parere conta un po' di più.

Va bene, ma quando si ride?

Ora! Eeeeeh! Corto, cortissimissimo film che parte con un bambino tutto solo - e te pareva - seduto su una panchina accanto a cui si siede un vecchio signore che, vedendolo triste, decide di raccontargli la storia sua e del suo amico. Non sono in grado di raccontarvelo come meriterebbe, quindi ve lo linko direttamente qui e se volete, dateci un occhio. E' così breve e carino che ne vale la pena.

Poi è la volta di un cortometraggio che parte dalla storia di un africano che, trovato un preservativo sulla sabbia, prende e attraversa il mare a nuoto alla ricerca di una vita migliore. La storia si sposta ad un matrimonio. Mentre lo sposo è in ritardo, la futura moglie assai vacca fa intendere al prete che, se avrà un po' di pazienza magari otterrà qualcosa. Il marito arriva, paga una suora coi cinquecento e uri coi quali aveva pipato poco prima e il matrimonio comincia. Nel frattempo il nero continua a nuotare. Ci spostiamo al banchetto assai cafone dove il novello sposo, causa lo sgonfiamento della testa, si assenta per incipriarsi il naso. Ma pippa troppo e la testa gli scoppia. L'africano sta ancora nuotando. Nel frattempo la sposa, sola e abbandonata, regala al prete ciò che gli aveva promesso in precedenza. Non ricordo in quale ordine ma tutto ciò è alternato a scene in cui vediamo degli operai intenti a riparare l'impianto di condizionamento della villa dove avviene il banchetto. L'africano finalmente giunge a terra proprio nei pressi della villa. Vi entra e non gli par vero di vedere ciò che vede: cibo, cibo, cibo, abiti eleganti (dello sposo senza testa) e una biondina da paura in pose inequivocabili. Il prete si sta facendo la doccia. L'africano coglie al volo le molteplici occasioni, prende il preservativo che aveva trovato all'inizio del film e inizia a darsi da fare col vaccone che, spaventata, comincia a gridare. Proprio in quel momento, gli operai riescono a riparare l'impianto di condizionamento che esplode e fa sgonfiare tutto ciò che si trova nella villa, riducendo il tutto alle dimensioni di un preservativo e rispedendo il povero africano da dove era arrivato. Dite quel che volete, a me è parso una figata. E aveva anche una morale d'un certo rispetto. Per nulla incoraggiante ma almeno si capiva!

Ok, detto questo, la maratona ci regala l'ultimo soffio di buonumore con From dad to son, geniale, divertente e realizzato con una tecnica deliziosa.

Bene. Salutiamo il divertimento e accogliamo una volta per tutte la noia.

Sorvolando i tre - quattro minuti di esperimenti su un pollo a cui viene anche infilato un elettrodo nel didietro, accogliamo questo meraviglioso cartoon che tratta le vicende di Bill dopo la sua operazione al cervello. La memoria confusa, i giorni che sembrano tutti uguali, la lenta ripresa e... la morte? Boh... ad un tratto i disegni vengono alternati a fotografie - interessante la tecnica, per carità - e Bill pare riprendere la memoria di un tempo. Peccato che l'accozzaglia di immagini e la voice over non permettano d capire molto. Non ci dirà mai quale sia la fine che fa Bill, non in termini crudi almeno. La vocina continua a a mantenersi sul poetico mentre le immagini si fondono, volendo dimostrare quanto sia corata e concreta la percezione del protagonista. Che poi inizia a spararla un po' alta diventando quasi bionico... ma allora è morto? Boh... il film continua. La voice over pure e intanto gli spettatori cominciano a porsi delle domande: ma allora è morto? Ma noooo, è passato oltre, ora ha una mente superiore. Quindi è morto! Ma noooo... si va beh, ma quanto dura? Non si sa. La voce continua a raccontare. E' una bellissima giornata e Bill riesce a vedere ciò che nessun altro vede. Ma allora fa uso di stupefacenti... ma noooo è solo... solo... si va beh ma quando finisce? Non lo so, ricordo che a un certo punto ho scollegato il cervello e ho cominciato a guardarmi intorno. Quando ho sentito un generale sospiro di sollievo allora ho intuito che finalmente era finito. Grazie, davvero!

Dopo questo meraviglioso cortometraggio il mio cervello è caduto definitivamente in letargo. Ho provato a sforzarmi di seguire gli altri ma francamente non ce l'ho fatta. Ho ricordi confusi:

Ricordo che un uomo sbatteva un tappeto davanti a un palazzo. Il suo movimento creava un ritmo che andava ad intrecciarsi coi suoni del palazzo, gente che usciva, un bambino che piangeva... solo che da qualcosa di simile non ti aspetti che duri più di due minuti. Otto sono eccessivi,perdipiù se il ritmo viene interrotto e s'inizia a entrare davvero in una storia che... boh... 

Poi è la volta di un cortometraggio cinese. Non me la sento di giudicare una cultura così lontana e diversa dalla nostra ma che era cinese lo scoprivi solo con l'arrivo dei titoli di testa. Prima, per dirla con gli occhi della mia amica (quella con cui sto lavorando al corto, quindi non tanto profana) era solo un'accozzaglia di disegni brutti sonorizzati male. La maggior parte, ho aggiunto io, rotoscopati, cioè ricalcati da foto. E chiunque potrebbe farlo. Bello, davvero!

Poi un bel corto tutto verde, realizzato su pellicola con semplici linee che avrebbero voluto raccontare una storia. Se l'avessi capita la scriverei qui. Peccato. 


A seguire una nuova accozzaglia di linee, colori, personaggi soli e depressi, polli. Polli in quantità. 
Credo che la morale di quest'anno fosse:

Se sei triste e sconsolato trova un pollo, facci amicizia ma non esagerare troppo. Oppure un cagnolino... 

Perché in uno dei corti c'era anche un cagnolino. Molto tenero peraltro.
Vorrei andare avanti a raccontare altro ma, oltre a temere per la mia stessa incolumità,rischio di incappare in vuoti di memoria abissali. Il mio cervello mi ha salutata e ho cominciato a sonnecchiare durante un corto che forse parlava di un matrimonio... realizzato in plastilina mi hanno detto... ho seguito l'introduzione ma giuro che quando la storia ha preso piede, ripensando alle immagini viste poco prima ho dovuto concludere che non ricordavo nulla. Nero, buio, vuoto totale. 

Peraltro, rileggendo la pagina dell'evento con l'elenco completo dei corti mi sono resa conto che ne manca uno, lasciato indietro anche da me. Quello era davvero carino ma purtroppo non posso mostrarvelo nè linkare alcunché ma in breve raccontava la storia di un cane, in una famiglia benestante, assente e anche un po' pacchiana. Il cane che IO vorrei avere, un po' troppo surreale in effetti, ma che attende l'arrivo del capofamiglia per poter leggere il giornale, si rintana sotto il tavolo non per reclamare cibo ma leggere le notizie e, se non avessero chiuso la porta della cucina, cercherebbe anche un posto più tranquillo e appartato. Peccato che i suoi padroni non colgano quanto sia geniale ma, trovandolo solo un cane fastidioso e rumoroso, lo sbattano in cortile (dove potrebbe tranquillamente leggere se non avesse iniziato a piovere) e si domandino che farsene di lui quando arriverà il momento di andare in vacanza...

Ora, apprezzo tantissimo il fatto che in alcuni di questi film gli autori siano stati così bravi da coniugare risate e riflessione. C'è sempre una morale ma con qualche limite. Infatti per la maggior parte questi film sono incomprensibili, troppo astratti anche solo per formulare qualche ipotesi. 
Sono sempre stata contraria a relegare l'animazione al solo pubblico infantile ma allo stesso modo m'innervosisco davanti alla convinzione che maggiore è il grado di incomprensibilità, maggiore è il valore dell'opera. Non è vero, non sempre almeno. E' lecito essere criptici, parlare di sé senza che un pubblico necessariamente possa capire quel che dici, si tratta di libertà d'espressione. Ma quando ti rivolgi ad altri, in qualche modo vuoi che la tua opera gli arrivi. Altrimenti non lo faresti. Non è solo colpa degli artisti se ciò accade però. Spesso è proprio il pubblico (anzi, quasi sempre) a infliggersi volontariamente certe punizioni. perché se vai al cinema e ti diverti non è sano. Se invece vai a vedere un mattone polacco senza dialoghi, con lunghe panoramiche su campi arati e campi controcampi fitti di sguardi intensi, esci dal cinema sentendoti una persona migliore. Magari non hai capito un'emerita sega ma non lo ammetterai mai! Perché se lo ammetti potresti sentirti dare dell'insensibile o dell'ottuso, quando magari la persona che sforna questi giudizi ha capito meno di te. Ma dirlo non sta bene.

Sono delusa. Per fortuna la serata non è stata un disastro totale ma questo solo grazie alle persone che erano con me e al panino con cui mi sono consolata a maratona finita - grazie MFF, farai schifo nella scelta dei film ma come cucina spacchi assai - . Ciò non mete assolutamente in dubbio la mia partecipazione alla maratona dell'anno prossimo, sperando che più in basso di così sia difficile quanto impossibile. Anche perché, come dico da quattro anni, spero di vedere proiettato un lavoro dei miei. Che se si rivelasse peggio dei precedenti, sarebbe davvero la fine... 

lunedì 17 settembre 2012

L'inizio della fine?

 - Io non vedo l'ora di iniziare. Stranamente.
 - Tu ti droghi, gli antidolorifici ti han dato alla testa.
Conversazione avuta con CdS stamattina. Poverina si è distrutta in vacanza (stellina, un anno a me, uno a te, a cui però è andata un po' peggio. Quando la vedo la coccolo un po') e ora sragiona!
Trenta giorni, settecentoventi ore, millemila minuti e millordici secondi mi separano dal primo giorno del mio ultimo anno da studentessa e ovviamente non so se ridere o piangere.
So che essere ossessionata da certi pensieri con un tale anticipo non è normale ma non sono cose che capitano tutti i giorni.
Primo giorno dell'ultimo anno. Si tratta palesemente di una contraddizione che confonde:
primo giorno è male
ultimo anno è bene.
Almeno nell'ottica di quelli che Robin Scherbatsky chiama "Graduation Goggles". In pillole - non ricordo se ne avevo già parlato - questi "occhiali del diploma o non ricordo quale fosse il nome tradotto", sono nientemeno che uno stato mentale che coglie chiunque si trovi a terminare un'esperienza più o meno traumatica. Il oso fatto che stia per finire, rende tutto più carino e sopportabile, quasi bello tanto da fartene provare una leggera nostalgia.
Che poi è più o meno ciò che mi ha colta sia quest'anno che quello passato durante gli ultimi giorni di lezione. Ero felice, contenta, convinta che fosse stato 'anno più bello di tutta la mia carriera scolastica e i miei compagni mi mancavano tanto. Questa l'anno scorso. A ottobre mi sono resa conto di essere stata colta da un clamoroso bagliore e che la scuola cinica mi stava sul culo e come lei, buona parte dei suoi studenti.
Quest'anno a giugno, stessa cosa, solo in scala più ristretta. Amo la mia classe, amo i miei insegnanti, amo praticamente tutti gli assidui frequentatori del terzo piano. Uniamoci poi la malinconia dovuta al fatto che alcuni di essi avrebbero lasciato la sede a settembre, il mio spiccato interesse verso uno di loro, le simpatiche novità che vengono fuori proprio l'ultima settimana di scuola (dannazione, che tempismo!), tutto ciò ha reso gli ultimi giorni tremendamente divertenti e spassi. Aggiungiamo anche l'ultimo pranzo con tutta la classe e corpo insegnanti al completo, un porta e mangia di tutto rispetto con alcool a fiumi, torte, lasagne, salatini, caramelle... atmosfera familiare agreste e vi assicuro che verso le tre, dopo quattro o cinque bicchierini di vino io il pergolato lo vedevo. Eravamo al terzo piano, in corridoio ma giuro che il pergolato coi glicini c'era!!
Bello, bellissimo, vero ma tutto ciò dopo sette mesi di noia - scazzo - sonno - lacrimucce... mica me lo dimentico quanto fossi triste a ottobre, che schifo di mese è stato febbraio... marzo a tratti, dicembre a tratti, novembre meglio stendere un velo... ora io sono davvero contenta al pensiero di rivedere tutti tra poco, di ricominciare a lavorare con loro e fare tutte le cose che facevamo prima ma se dovesse di nuovo essere così? E sicuramente sarà così...
Dall'altro lato però la frenesia non può che cogliermi. Ultimo anno da studentessa significa ultimo periodo di semi - cazzeggio rilassato, ultimi pomeriggi in tranquillità dopo lezione, ultimi esami e relative ansie, ultimi ritardi e assenze giustificate, ultimi gossip da liceali stronzi, ultima spensieratezza in generale. E poi? Chi lo sa. probabilmente finirò a navigare nel mondo della disoccupazione, mi farò prendere dallo sconforto e me ne andrò da qualche parte, sperando che le cose inizino a girare nel verso giusto.
E che ne so?
Basta dubbi, basta lagne, è uno dei miei soliti viaggi mentali, potrei elencare decine di cose più interessanti di cui parlare ma lascerò che sia lui a farlo per me!

sabato 15 settembre 2012

Clic...

Ok sono tornata, più fresca che mai.
Mia madre ieri sera
 - Il tuo umore è nettamente migliorato, anche se sospetto di saperlo, qual'è la causa?
 - No, sei fuori strada. Sono contenta perché oggi sono uscita, ho fatto tante belle cose e prima di tornare a casa mi sono anche mangiata un gelato.
Erano le sette e mezza, avevo una fame porca (dato che ieri a pranzo ho mangiar solo un misero panino...) e è passando davanti a una gelateria, ho guardato la vetrina e pensando che non fosse il caso, sono passata oltre. Poi sono tornata indietro. E ho preso uno stecchino alla banana e cioccolato. Che buono... 
Comunque. Ieri mi sono riattivata. A dire il vero, superato lo sconforto di lunedì e la malinconia di mercoledì (i giorni di pioggia in questo periodo mi mettono una malinconia creativa un po' strana, ne parlerò) ho ripreso un po di colorito e ho finito per concludere più cose in una settimana scarsa che in tre mesi d'estate... più o meno, diciamo che mi piace vederla così.
Adesso dovrei essere al corso di ricerca teatrale a Macao ma stamattina non mi sono svegliata. E poi ho scoperto ieri sera alle tre che avrei dovuto portare un piccolo testo teatrale a memoria. E quando lo imparavo? Ok, poche righe sarebbero andate bene ugualmente ma QUANDO LO IMPARAVO?? Sulla 90? Si, avrei avuto tutto il tempo, ma la sacrosanta verità è che avevo sonno e mi sono alzata tardi. Quindi nada. A parte questo però mi sono presa un po' di soddisfazioni.
Giovedì ho rapito laQ e siamo andate nei campi a fare qualche foto. Nello specifico io ho fatto delle foto a lei che come modella è straordinaria! Ieri le ho sistemate e dopo aver poltrito di fronte allo schermo del computer per un'oretta ho deciso di attivarmi e andare a vedere una mostra fotografica. Che poi alla fine erano due mostre fotografiche, entrambe deludenti (ero stat avvertita ma non me ne ricordavo) ma non importa. 
Poi ieri c'era un così bel sole che non potevo mica tornarmene a casa senza fare una passeggiatina e qualche foto sul naviglio che, al tramonto è proprio affascinante. Lo so che è scontato, lo so che se devo scegliere finisco sempre per fare un giretto in quel posto ma non è così scomodo da raggiungere e soprattutto è sempre pieno di cosine interessanti da fotografare. E poi ero già lì, su, la prossima volta vado in Sempione a fotografare i tizi che giocano a basket o ai giardinetti a fare foto agli anziani (a pensarci bene non è un'idea così malsana...). Insomma, sono tornata a casa con un centinaio di fotine, quaranta delle quali da non scartare, che per i miei standard è una buona percentuale. Ed ero contenta, soddisfatta, allegra, di ottimo umore.
Stasera spero di riuscire a concludere un'altra delle tante cose che avrei voglia di fare ma, non dipendendo totalmente da me il risultato della faccenda, preferisco tenere la bocca chiusa e parlarne a cose fatte. 
Poi ci sarebbe ancora da svuotare l'armadio, svuotare, smontare e disintegrare il mobile della mia stanza, dipingere la parete dove ora sta quel catafalco, prendere le cassette della frutta, verniciarle, costruirci una libreria a muro aiutandomi, se riesco, con i pezzi del catafalco che non ho voglia di gettare per forza nel dmenticatoio. Potrebbero rivelarsi utili in fondo... 

Ho paura!





giovedì 13 settembre 2012

When hard work calls, hard girls go shopping pt2

Dunque dicevo.
L'altra mattina mi sveglia un'email del mio professore (in realtà è stato altro a svegliarmi ma questa versione è molto più poetica e mi da anche un'aria da donna in carriera, quindi la racconterò così) e la giornata inizia con parole lusinghiere che lì per lì mi han fatto venire le lacrime agli occhi. Poi ho riflettuto. Anzi, sono giorni che rifletto, mesi forse.
Ed eccomi ad un passo dall'arrivo (perché un anno, in un arco di tempo di cinque è praticamente un soffio), piena di dubbi, paranoie, ripensamenti e voglia di tornare indietro. O meglio, poter disporre di 48 ore giornaliere, 10 giorni settimanali, 50 mensili per poter rifare tutto quanto e molto altro ancora.
Già vi narrai in cosa consiste il lavoro di un animatore. In caso ve lo siate persi, cliccate qui.
Sono quattro anni e mezzo (domani saranno quattro anni e mezzo) che sono convinta del mio progetto. Quattro anni e mezzo in cui non passa giorno che dedichi almeno in parte a questo sogno. Non mi era mai successo prima e alla veneranda età di 22 anni finalmente la mia vocazione (nella quale non ho mai creduto ma ho fatto subito marcia indietro) si è fatta viva. Prima era tutto un cambiare idea, un giorno volevo diventare critica d'arte, il giorno dopo regista, quello dopo ancora probabilmente infermiera, logopedista, scienziata cognitiva, salvare il mondo. Anche sulla mantenuta non ci avrei sputato sopra. Poi d'un tratto è diventato tutto chiaro e limpido, io avrei fatto film d'animazione. Sapevo a cosa andavo incontro scegliendo questa strada ma non m'importava. La prospettiva di trascorrere ore a disegnare centinaia d'intercalazioni mi procurava il sorriso, l'idea di passare giornate dietro il mirino di una macchina fotografica a scattare spostando pezzetti di carta mi rendeva felice.
E non posso negare che in parte sia ancora così. Se ripenso al periodo dell'università in cui passavo mattinate o pomeriggi, a volte entrami, chiusa in camera china sui libri, tiro un sospiro di sollievo pensando che ora, anziché litigare con la mia memoria, litigherò l'intero pomeriggio con la ram del mio computer. Molto meglio trascorrere il tempo a fare qualcosa di piacevole e leggero - anche se delicato e difficile - magri guardando un film, ascoltando musica o chiacchierando al telefono, piuttosto che dover leggere libroni universitari che se ho voglia, posso comunque sfogliare in santa pace e senza stress...
Però CAVOLO! Finisce che conosci gente nuova, fai esperienze che prima ti mancavano, passi due giorni su un set e realizzi che il tuo lavoro, che per la maggior parte si esaurisce entro quattro mura, spesso in solitudine, altre volte con qualcun altro, inizia a starti stretto.
Mi piace stare a contatto con le persone, all'aria aperta e non sempre col naso dietro a uno schermo. Mi è piaciuta la vita sul set, mi è piaciuta l'atmosfera, l'interazione, mi è piaciuto tutto! Ed effettivamente, ad essere sinceri ed obiettivi, non è detto che il mio lavoro debba per forza ridursi in poco spazio, in compagnia di me stessa... mi è capitato di lavorare in gruppo, più volte durante l'anno e anche nei mesi estivi e per ora, co le mie compagne mi sono trovata davvero bene.
Però c'è un altro aspetto che bisogna considerare, un aspetto che in parte contraddice il primo dubbio, ma ne fa sorgere altri: quello dell'animatore è un lavoro lungo. Spesso dietro a un minuto di filmato c'è il lavoro di sei, sette anche dieci persone all'opera da giorni, settimane e mesi e il risultato, sebbene suggestivo e affascinante, può anche far sorgere dei dubbi e dare luogo a commenti del tipo "ma dai, è difficile immaginare che dietro a questa cosa così piccola ci siano così tante mani"... eh si. Purtroppo. Il che significa grandi sbattimenti per scarsi risultati. Non sempre, spesso si.
Se avete mai dato un'occhiata ai titoli di coda di un film della Pixar, questo aspetto è lampante: centinaia di nomi con centinaia di ruoli diversi per produrre un film. D'accordo, lavorare alla Pixar sarebbe il mio punto d'arrivo ma non voglio essere ricordata (o più probabilmente ignorata, perché in effetti quei nomi manco io li leggo) per aver portato a termine un mini micro dettaglio. Pensateci. Carota, addetta al rendering dei peli del naso del cattivo. No dai! E vi assicuro che renderizzare dei peli è uno sbattimento mica indifferente. Che soddisfazione cavolo!
Io purtroppo (e anche qui vi rimando ad un altro post) appartengo al gruppo A, per chi non avesse voglia di leggerlo tutto (però è scritto nelle prime righe), il gruppo delle persone o tutto o niente. Come cita il post, sono discontinua, disordinata, per nulla paziente e se qualcosa non mi ispira, la lascio a metà senza portarla avanti con costanza. E in particolare, se posso, vorrei emergere, o almeno vorrei che i miei sforzi portassero a questo. Posso anche sopportare la gavetta, so che mi tocca e lo accetto di buon grado, riesco a pensare di impegnarmi anni per portare a termine qualcosa ma voglio che il risultato e la stima siano proporzionati agli sforzi. Non sopporto la prospettiva di studiare anni per finire ad essere un nome tra mille sconosciuti. Se fosse vero il contrario (e questo potrebbe anche essere contraddittorio perché SAPEVO CHE SAREBBE POTUTA ANDARE IN QUESTO MODO), avrei continuato la specialistica. Non fraintendetemi, non voglio dire che altri lavori più umili, più meno in vista o simili non meritino rispetto, anzi! Dico solo che desidero una visibilità proporzionata al campo in cui opero e, come già detto più su, un risultato proporzionato agli sforzi. Preferisco portare a termine qualcosa di grande in un ambito piccolo piuttosto che essere l'ennesimo puntino al servizio di un'enorme organizzazione. Non fa per me.
Inoltre mi capita spesso di parlare con persone che vengono già chiamate a lavorare, chessò suonare a un matrimonio, fare un servizio fotografico, piccole riparazioni idrauliche, elettriche (si lo so, ho fatto un misto di cose che non c'entrano nulla tra loro ma qualcosa in comune ce l'hanno)... hanno la mia età, hanno fatto pratica e con questi piccoli incarichi CI CAMPANO. Io a campare con il lavoro che (spero) farò un giorno, la vedo dura, durissima.
E ora ho la testa piena di confusione, pensieri, idee. Mollare tutto è fuori discussione e come dicevo prima, ciò che faccio continua a piacermi moltissimo ma mi chiedo se sia l'unica cosa che possa davvero fare. E visto che mia madre ha parlato chiaro e ha pure ragione a dirmi che è finita l'età in cui si studia, devo puntare su altro oltre a quel che già faccio. Qualcosa in cui sono già abbastanza brava per poter imparare in poco, in modo da ottimizzare i tempi e non rimanere ancora a lungo sul groppo dei miei.
In un anno poi si vedrà dove mi porteranno gli eventi, nel frattempo spero di concludere qualcosa e fare un po' di chiarezza. Se volete, potete insultarmi.
Buio, stavolta davvero.

mercoledì 12 settembre 2012

When hard work calls, hard girls go shopping pt1

E' finita.
Quattro giorni fa, anzi cinque è finalmente finita!
Il nostro corto è stato inviato a chi di dovere e ha praticamente ricevuto l'approvazione di tutti. Manca solo l'ultima parola dei giudici (che in un certo senso saremmo anche noi partecipanti al festival, non ho ancora capito perché e con quale logica ma lo scoprirò) a Berlino. Ma questo avverrà solo tra molto, molto tempo.
Per ora è finita. E nell'attesa, a posto così.
Sabato mattina mi ha svegliata una mail del mio professore che, cito testualmente, diceva:

"brava e brave tutte. Ho la sensazione che troverai la tua strada in questo mondo"

E di animazione si parla.
Non è il momento di approfondire l'argomento ma la butto lì. Davanti a parole simili, un lato di me s'inorgoglisce. L'altro pensa: è davvero questo che voglio fare nella vita?
Nell'attesa di approfondimenti, prometto e spergiuro che appena mi danno l'ok, carico il video e lo mostrerò al mondo!
Risata malefica, uscita drammatica.
Fine primo tempo